Direi di no. Superato il concetto di telelavoro, le Aziende italiane stanno sempre più abbracciando soluzioni di lavoro flessibile. Ovviamente il problema di un cambiamento simile, non risiede certo nella disponibilità delle tecnologie o nel ripensamento degli ambienti lavorativi. Il vero nocciolo della questione è che le persone sempre di più dovranno lavorare per obiettivi e non più su mansioni.

«Un progetto efficace di smart working – fa notare il responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working Mariano Corso – deve porre le radici per lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo, agendo su tre elementi: l’allineamento strategico rispetto alle priorità strategiche aziendali e agli obiettivi delle persone coinvolte, uno stile di leadership che preveda coinvolgimento dei collaboratori nel processo decisionale e delega ai collaboratori, comportamenti delle persone caratterizzati da proattività e intelligenza collaborativa». Aziende, istituzioni, sindacati e mondo della ricerca devono lavorare assieme, aggiunge Fiorella Crespi, direttore dell’Osservatorio: «In molte piccole e medie imprese c’è ancora molto da fare per superare alcune barriere culturali – dice –. Inoltre, è necessario rendere i progetti più pervasivi nel superamento degli orari di lavoro, nel ripensamento degli spazi e nella creazione di sistemi di valutazione per obiettivi».

Veniamo dunque ai numeri, dal momento che il 2016 ha segnato un punto di svolta per il boom di progetti di smart working: il 30% delle grandi imprese italiane ha realizzato quest’anno progetti strutturati di smart working, mentre l’anno scorso tale quota si fermava al 17%. Tuttavia, se si guarda alle piccole e medie imprese, la percentuale è ancora ferma al 5%, come nel 2015, a cui si aggiunge un ulteriore 13% di aziende che adatta formule «smart» ma senza progetti strutturati. Sul fronte dei lavoratori «smart», l’Osservatorio rileva che nel 69% dei casi si tratta di uomini, con un’età media di 41 anni, che risiedono per la metà circa al Nord Italia, al Centro nel 38% dei casi e al Sud per il restante 10%.

Fonte: il Sole 24 Ore