La trasformazione digitale, al centro delle tematiche del nuovo decennio, non è solo un fattore di cambiamento tecnologico ma un paradigma che interessa trasversalmente tutta l’organizzazione aziendale e più in generale tutto il mondo del lavoro. Questo ha importanti ripercussioni sulle aspettative delle giovani generazioni e sul modo di lavorare dei manager HR. Si delineano infatti ben definite tendenze.

Mentre il tema dell’engagement dei lavoratori diventa sempre più centrale nelle strategie legate alle risorse umane, i manager HR sono portati a focalizzarsi sempre di più su tematiche quali employer branding e gestione dei talenti, con una particolare attenzione verso quell’esigenza di flessibilità, a livello di modelli organizzativi e flussi di lavoro, oggi rappresentata in buona parte dall’attivazione di progetti di smart working.

Questo è lo scenario che emerge dalla ricerca «Future of work and HR Tech 2020» dell’Osservatorio Imprese Lavoro Inaz, elaborato con le testimonianze di oltre 100 direttori HR italiani per fare il punto sulle priorità delle aziende, sulle aree di investimento in ambito risorse umane più importanti e sulle competenze richieste. Rispetto al 2018, lo studio ha portato a galla alcune novità significative. Se da un lato lo smart working viene ancora indicato come prioritario fra le iniziative da introdurre nell’ambito delle risorse umane (64% delle risposte), immediatamente dietro e in forte crescita troviamo il welfare e performance management (60% dei rispondenti) e il digital learning (57%). «Il principale tema emerso nella prima edizione della ricerca – ha spiegato Linda Gilli, presidente e amministratore delegato di Inaz – era quello della digitalizzazione; quest’anno a essere sotto i riflettori sono invece i cambiamenti che Millennial e giovani della Generazione Z portano nel mondo del lavoro. Le imprese devono confrontarsi sempre di più con richieste quali un migliore equilibrio fra vita personale e lavorativa e una maggiore attenzione alla diversity, con l’esigenza di strumenti di lavoro e di collaborazione digitali e di percorsi di life-long learning, nonché di modelli avanzati per valutare, riconoscere e valorizzare le competenze». Il valore strategico del talent management è oggi riconosciuto ma dalle risposte emerge una contraddizione: alla domanda su come vengono prese le decisioni critiche in questo ambito, solo il 7% degli HR manager intervistati ha confermato come in azienda vengano utilizzati, in modo sistematico e strutturato, i dati relativi alla performance e alla valutazione del potenziale degli addetti. Una carenza che riflette un approccio molto soggettivo e privo di un necessario lavoro di analisi sui dati a supporto nel definire politiche mirate per la gestione dei nuovi profili. Ed è proprio in questo ambito, ha aggiunto Gilli, «che emerge il ruolo chiave che la funzione HR deve assumere nell’accompagnare i manager di linea, attraverso un processo che deve essere supportato con dati il più possibile oggettivi e con la conoscenza approfondita dei collaboratori. Chi si occupa di risorse umane è chiamato a trovare il giusto equilibrio tra tecnologia e persone. Per crescere ed essere competitivi sul mercato conterà sempre di più la human energy che le organizzazioni saranno in grado di generare e valorizzare».

Emerge così all’interno del grande tema della digitalizzazione, la consapevolezza che al centro di questo enorme processo evolutivo ci sarà, sempre e comunque la figura umana.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore